giovedì 7 dicembre 2017

Sciopero della Grande Distribuzione


Sono ormai quattro anni che le lavoratrici ed i lavoratori della Grande Distribuzione non si vedono applicare un Contratto Nazionale di Lavoro e non hanno aumenti contrattuali in busta paga, come invece sta accadendo ai loro colleghi dipendenti dalle imprese del commercio della distribuzione e del terziario aderenti ad altre associazioni del settore.
Alle lavoratrici ed ai lavoratori della Distribuzione Moderna Organizzata viene applicato un Contratto Nazionale ormai scaduto ed a nulla , purtroppo , sono valsi i tentativi fatti con l’Associazione nazionale Federdistribuzione per sanare questa situazione e dare finalmente un Contratto di riferimento alla categoria.
Inoltre , le imprese aderenti a Federdistribuzione stanno mostrando tutta la loro debolezza nei confronti di migliaia di lavoratrici e lavoratori concedendo loro solo erogazioni unilaterali che nulla hanno a che vedere con l’applicazione di un Contratto di Lavoro e che spesso si traducono in “aumenti virtuali”, in quanto assorbono trattamenti già percepiti dai lavoratori, soffocando così le legittime aspettative dei propri dipendenti a vedersi applicare un Contratto Collettivo di Lavoro concordato tra le parti con incrementi economici reali.
A Federdistribuzione e a tutte le imprese ad essa associate diciamo che non è con le erogazioni unilaterali che si risolvono i problemi dei lavoratori della grande distribuzione, ma con Contratti sottoscritti dalle parti che danno regole comuni e strutturali alla categoria ed al settore, facendosi anche carico di affrontare le sfide che il mercato impone alle aziende; gli atti unilaterali, invece, che sono unicamente delle scorciatoie antistoriche, mortificano il ruolo del lavoro e non riconoscono alcuna dignità al contributo operoso che le lavoratrici ed i lavoratori danno quotidianamente alla propria impresa, spesso con prestazioni ad orari ed in giorni (spesso festivi e domenicali) sottratti alla vita sociale ed agli affetti familiari.
La Distribuzione Moderna Organizzata è un settore importante e nevralgico per la crescita economica dell’intero Paese . Il comparto va consolidato e valorizzato, non va relegato ad un ruolo marginale ed anacronistico con relazioni sindacali inesistenti e con la sistematica negazione dei basilari diritti ad ave re un compenso dignitoso ed a poter contare su un clima partecipativo e di corresponsabilità nelle scelte che solo il CCNL può garantire alle lavoratrici ed ai lavoratori.
Per i lavoratori della Distribuzione Moderna Organizzata è una situazione ormai ins ostenibile che ha il sapore di una presa in giro; l’applicazione di un Contratto Collettivo di Lavoro è un sacrosanto diritto di tutti le lavoratrici e i lavoratori della grande distribuzione ed un obiettivo irrinunciabile per il sindacato.

Per questo mo tivo proclamiamo uno sciopero per l’intero turno di lavoro del 22 dicembre 2017 delle lavoratrici e dei lavoratori impiegati nelle imprese aderenti a Federdistribuzione.

SCIOPERIAMO PER RICONQUISTARE L’APPLICAZIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE DI L AVORO CHE DIA DIGNITA’ ALLE LAVORATRICI ED AI LAVORATORI

1460 giorni senza contratto





Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i Dipendenti da imprese della Distribuzione Cooperativa sottoscritto nel lontano 2011 è ormai scaduto dal 31 dicembre 2013.
Alla fine dell’anno in corso, saranno ben 4 gli anni trascorsi senza che i trattamenti retributivi delle lavoratrici e dei lavoratori del settore abbiano avuto incrementi; in questo periodo, ben 1.460 giorni, le lavoratrici ed i lavoratori del settore, pur contribuendo all’affermazione ed ai successi commerciali delle proprie imprese, non hanno potuto contare sui legittimi e sacrosanti aumenti salariali, che, invece, i loro colleghi dipendenti da imprese aderenti a Confcommercio ed a Confesercenti hanno avuto.
Un periodo tanto lungo di mancato rinnovo del CCNL è di per sé un fatto negativo se si considera che, soprattutto nell’ultima parte di tale lasso temporale, ossia l’ultimo trimestre dell’anno in corso, inizi ad intravvedersi qualche primo cenno di ripresa economica.
Appare dunque ingiustificato ed ingiusto che, per una pura visione ideologica del proprio ruolo negoziale, le Associazioni nazionali delle imprese cooperative si sottraggano sistematicamente ad un serio confronto di merito per ridare un CCNL alla categoria.
Appare ingiustificato ed ingiusto che impre se anche grandi ed importanti della Distribuzione  Moderna Organizzata attive sull’intero territorio nazionale, siano del tutto indifferenti rispetto alle condizioni economiche di lavoratrici e di lavoratori loro dipendenti, che, certamente, non  sostengono le proprie famiglie con le ideologie o con la vuota retorica su una “distintività” cooperativa che, ormai, rischia di esistere solo teorica. 
Appare ingiustificato ed ingiusto l’atteggiamento acritico delle controparti datoriali che al tavolo negozial e per il rinnovo del CCNL si sono sempre limitate ad elencare meccanicamente un insieme di richieste ed a sottoporre alle organizzazioni sindacali un “prendere o lasciare”, mortificando il ruolo del sindacato confederale, chiamato in soccorso unicamente pe r far fronte alle varie situazioni di crisi aziendale sinora verificatesi.
Appare ingiustificato e sommamente ingiusto che chi afferma di essere un’impresa diversa dalle altre ed attenta al sociale, neghi proprio alle donne ed agli uomini che quotidianamente operano per consolidare nell’economia e nel Paese un tale modello di impresa il giusto compenso per il lavoro svolto.
Al fine di riaffermare le ragioni delle organizzazioni sindacali e per sollecitare le Associazioni nazionali delle imprese cooperative AFFINCHE’ tornino al tavolo con il giusto spirito costruttivo necessario per rinnovare il CCNL atteso da ormai 4 anni da 70.000 fra lavoratrici e lavoratori, è proclamato per l’intero turno di lavoro del prossimo 22 dicembre 2017 lo sciopero dei dipendenti dalle imprese della distribuzione cooperativa!
PARTECIPA ALLO SCIOPERO, RIDIAMO UN CCNL ALLA DISTRIBUZIONE COOPERATIVA!

venerdì 24 novembre 2017

Scioperano i dipendenti di Amazon

Il Black Friday 2017 segna anticipatamente un primato, ma non per un record di vendite: sarà la prima giornata di sciopero delle lavoratrici e lavoratori italiani indetta dai sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs ed dalle categorie dei somministrati Felsa Cisl, Nidil Cgil Uiltemp in Amazon, nello stabilimento di Castel San Giovanni a Piacenza. L’assemblea dei lavoratori, a fronte della latenza, che ormai si protrae da più di un anno, sulle proposte avanzate dai sindacati per una contrattazione aziendale, ha proclamato una giornata intera di sciopero in concomitanza con il Black Friday e il blocco delle prestazioni lavorative in straordinario fino alla fine dell’anno. L’astensione dal lavoro inizierà con il turno mattutino di venerdì 24 novembre e terminerà all’inizio del medesimo turno, la mattina di sabato 25 novembre. Il conflitto si inserisce in un panorama sindacale che vede dalla Germania alla Francia dei rapporti tesi con le organizzazioni dei lavoratori; relazioni sindacali in punta di diritto e senza un vero e proprio confronto. Le sigle confederali italiane fanno parte e contribuiscono attivamente all’Alleanza sindacale mondiale dei lavoratori di Amazon, network promosso da UNIGlobal Union, Federazione globale del mondo del terziario e dei servizi che sta supportando le azioni di rivendicazione. Purtroppo per Amazon non solo il lavoro è una merce, ma anche il lavoratore lo è, ed è una merce deperibile: fintanto che tu lavoratore sei funzionale ai ritmi dell’azienda sei OK. Se ti “rompi”, svanisce l’incantesimo. Le rivendicazioni di ordine retributivo sono solo una parte delle criticità emerse: i “pickers” di Amazon per ogni turno lavorativo, percorrono una mezza maratona, dai 17 ai venti chilometri attraverso lo stabilimento a movimentare merci e pacchi. Da un punto di vista della tutela della salute e sicurezza, non può passare inosservata l’incidenza degli infortuni e il presentarsi sempre più insistente di patologie a carico dell’apparato muscolo - scheletrico. I dati forniti dalla società, fissano in 1.600 i dipendenti contrattualizzati per il centro di Castel San Giovanni, nel piacentino, cui si aggiungono i lavoratori reclutati nel periodo di Natale. La remunerazione, da contratto, è di circa 1.450 euro lordi al mese. Su scala mondiale, gli impiegati salgono ad oltre mezzo milione, 541.900 per la precisione, comprensivi dei circa 90mila assunti in seguito all’acquisizione della catena di supermercati Whole Foods. I lavoratori temporanei, assunti anche per i picchi di ordini a ridosso delle principali festività, sono chiamati “Green Badge” ma sono lavoratori somministrati. Sono a migliaia in Amazon a Piacenza tutti i giorni, altre migliaia lavorano nei siti che Amazon ha aperto in Italia recentemente. Nel picco natalizio raggiungono anche le 3 mila unità contando solo il centro logistico di Castel San Giovanni. Hanno il badge diverso, verde e non blu, ma lavorano come gli altri nell'Hub gestendo ordini e spedizioni. Anche chi oggi è a tempo indeterminato è stato interinale per almeno qualche mese. Felsa Cisl, NIdiL Cgil e Uiltemp, organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori somministrati, hanno proclamato per il Black Friday anche lo sciopero dei somministrati e chiedono di aprire un percorso per dare stabilità e continuità all'occupazione e condizioni di lavoro decenti in Amazon. Nello specifico si chiede all'utilizzatore e alle agenzie coinvolte (Adecco, Manpower, Gi Group) la riduzione del turn over, l'allungamento della durata dei contratti in somministrazione e la condivisione di percorsi di stabilizzazione, il rispetto della parità di trattamento retributiva sui livelli di inquadramento e sulla negoziazione di premi economici integrativi, un utilizzo corretto del Monte Ore Garantito, ritmi di lavoro che non mettano a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori. 

giovedì 26 ottobre 2017

SULLA PAVENTATA TASSA DI SOGGIORNO A TODI LA CISL CHIEDE UN INCONTRO ALL’AMMINISTRAZIONE

Si discute sulla tassa di soggiorno a Todi e la Cisl chiede di incontrare l’amministrazione per un confronto. “In merito alla paventata introduzione della tassa di soggiorno nel Comune di Todi – spiega Osvaldo Cecconi, operatore della Cisl- si ritiene utile che l’amministrazione, dopo aver incontrato Confcommercio, si confronti anche con le organizzazioni sindacali”. La richiesta di Cecconi scaturisce dalla consapevolezza dell’importanza delle politiche fiscali in un comune. “Queste – prosegue- rappresentano un momento importante di concertazione delle politiche di bilancio e l’introduzione della tassa di soggiorno dovrebbe a nostro avviso essere un argomento di confronto con tutte le parti sociali presenti nel territorio, anche e soprattutto al fine di condividere le eventuali modalità di introduzione della stessa e la possibile destinazione d’uso delle risorse economiche derivanti”.
Per la Cisl la tassa di soggiorno non è un problema in sé, “vorremmo però – chiarisce l’operatore della Cisl- che le risorse economiche derivanti dalla sua introduzione siano destinate a valorizzare il settore della promozione e dell’accoglienza turistica, liberando dall’attuale bilancio comunale somme che attualmente vengono destinate a tale scopo e che potrebbero essere utilizzate a sostegno delle fasce di residenti meno abbienti”.

mercoledì 30 agosto 2017

Soluzioni avventate o un salto di qualità delle relazioni industriali in Umbria?


La Fisascat Cisl Umbria intende esprimere tutta la sua vicinanza e solidarietà ai lavoratori delle aziende umbre che si trovano in questo momento a vivere situazioni di crisi che rischiano di determinare la perdita di centinaia di posti di lavoro.
In un momento particolarmente complesso per l’economia regionale, nonostante una lieve inversione di tendenza dei principali indicatori macro economici a livello nazionale, l’Umbria continua a vivere momenti particolarmente difficili sul fronte occupazionale. 

E’ proprio in momenti come questi che il sindacato, e la Cisl in maniera particolare, devono essere in grado di avanzare proposte costruttive in grado di salvaguardare la produzione ed i livelli occupazionali in essere.
Chiaramente per avanzare proposte all’altezza della situazione bisogna essere in grado di osservare le tendenze dell’economia globale e di capire, all’interno di essa, quali sono i margini di azione per le imprese del nostro territorio. 

Allo stesso tempo bisogna essere all’altezza di osservare le differenze tra imprese ed imprese, in Umbria coesistono aziende multinazionali al fianco di un variegato mondo dalle dimensioni piccole, piccolissime ed artigiane.
Vi sono aziende che competono nel mercato globale ed altre che annaspano nel sempre più stantio mercato nazionale e locale, per cui ogni proposta che viene avanzata deve essere chiaramente calata nel giusto contesto di mercato nel quale ogni impresa si trova ad agire. 

In questa calda estate abbiamo letto di soluzioni fantasiose, che vanno dal dare ai giovani un reddito di inclusione legato a lavori socialmente utili, al prevedere un senso di responsabilità sociale delle imprese che diano la disponibilità ad assumere lavoratori ultra cinquantenni in cambio di incentivi economici, fino all’ultima, in ordine cronologico, che propone di reinternalizzare le attività date in appalto a ditte terze. Tutte queste proposte passano a nostro avviso per una logica redistributiva che difficilmente potrà confrontarsi con il mercato all’interno del quale le imprese operano, proporre incentivi economici di natura regionale per imprese e lavoratori ha poco senso, in quanto esistono già adeguati strumenti previsti dal livello nazionale. 
Quello che serve all’Umbria è prendere coscienza che nel mondo bisogna essere in grado di competere per poter essere attrattivi, ne devono prendere coscienza le Istituzioni, le Associazioni datoriali ma anche e soprattutto il sindacato.
Un sindacato al passo con i tempi non si batte per redistribuire il lavoro, ma si batte per pretendere occupazione di qualità legata ad aziende competitive che con la loro capacità di competere mantengono o meglio ancora acquisiscono quote di mercato. La continua difesa dell’esistente, e l’inadeguatezza a porsi l’obiettivo di cambiare, per trovare soluzioni adeguate, sta determinando solo ed esclusivamente un progressivo peggioramento degli indicatori economici e delle condizioni di lavoro. 

Una regione che per decenni si è retta sul sistema Cave-Cemento-Case, ed intorno ad esso ha costruito il sistema di potere Umbro non è più in grado di proporre soluzioni adeguate.
Noi crediamo che per provare ad uscire da questa situazione sia necessario costruire un’ampia alleanza delle parte sociali, perché solo partendo dalla condivisione delle problematiche si potranno avanzare quelle proposte utili alle imprese ed ai lavoratori. 

Quello che serve in Umbria è un salto di qualità nelle relazioni tra imprese e sindacato, partendo ognuno dalle proprie esigenze, nel rispetto reciproco dei ruoli, le parti sociali potranno avviare quel confronto necessario con le Istituzioni per pretendere un programma di lungo periodo in grado di dare una prospettiva a chi, in Umbria, ha deciso di restare, ma anche e soprattutto a quei giovani che meritano di poter vivere il loro futuro in una regione a cui non mancano le potenzialità per competere. 

giovedì 24 agosto 2017

Cambio appalto asili nido di Gubbio, peggiorano le condizioni economiche per le operatrici


La Fisascat Cisl Umbria, manifesta tutta la sua preoccupazione in merito alla situazione venuta in essere a seguito della gara per la gestione del servizio degli asili nido del Comune di Gubbio. Tale preoccupazione è determinata dal peggioramento delle condizioni economiche che le operatrici della Cooperativa Progetto Asili Gubbio subiranno a seguito del cambio di gestione. Tutto ciò è la conseguenza della mancata clausola di salvaguardia delle condizioni economiche acquisite nel tempo dalle operatrici, infatti il bando di gara per la gestione del servizio prevedeva in carico al soggetto subentrante solo ed esclusivamente l’obbligo di mantenere il personale in essere. Nell’incontro di ieri presso la Cisl di Perugia, la cooperativa Kairos che si è aggiudicata il servizio ha manifestato tutta la sua disponibilità al reimpiego del personale, ma non ha dato altre disponibilità in merito all’inquadramento  in quanto non vincolata da alcuna previsione contrattuale contenuta nel bando. A seguito di ciò le lavoratrici subiranno una riduzione media di un terzo del proprio stipendio, ma in molte dovranno anche subire una riduzione dell’orario di lavoro a seguito del minor importo economico posto per la gestione del servizio e per la riduzione del numero di bambini che andranno nei vari asili nido del Comune di Gubbio. Con tale operazione di fatto si crea un danno economico rilevante alle operatrici e un forte svilimento delle loro loro professionalità, in quanto chi accetterà continuerà a svolgere lo stesso lavoro ma con una forte riduzione dello stipendio. La Fisascat Cisl Umbria, dopo aver attentamente  osservato il bando di gara  si trova a dover prendere atto come, ancora una volta, sui servizi di Welfare, nella nostra regione, si sia aperta una concorrenza di fatto basata solo ed esclusivamente sui costi del personale, che  sta determinando un progressivo disconoscimento delle professionalità che da anni svolgono servizi di tutela ed assistenza ed un progressivo peggioramento delle condizioni economiche degli addetti nel settore. Oltre a tutto ciò dobbiamo mettere in evidenza come a nostro avviso ci sia una volontà politica dietro alla produzione di questi bandi di gara che vengono prodotti in maniera seriale dalle diverse Amministrazioni Pubbliche, come se a scriverli sia la stessa mano, quella mano che quando scrive i bandi, con la testa  si preoccupa di garantire un servizio all’utenza ma non si pone minimamente il problema di come retribuire chi quei servizi li svolge. In pratica le Amministrazioni in questo modo mantengono i loro servizi, ma chi li finanzia è chi ci lavora in quanto costretto a mantenere il lavoro a condizioni economiche sempre peggiori.        

martedì 8 agosto 2017

Flussi turistici Umbria non si attenua la crisi del settore




Riportiamo l'analisi della Regione Umbria sui flussi turistici dei primi 5 mesi dai quali si evince la situazione di estrema gravità del settore che a nostro avviso necessita di una azione specifica finalizzata a ridare slancio e vigore ad un settore centrale per l'economia regionale che non può più essere affrontato senza un'azione politica programmata e di lungo periodo.

I flussi turistici dichiarati dalle strutture ricettive umbre nel periodo Gennaio – Maggio 2017corrispondono a
    656.632            arrivi
1.560.441            presenze
con una variazione percentuale rispetto allo stesso periodo 2016 pari al -25.15% negli arrivi e -15.41% nelle presenze.
A livello regionale si registra un calo più consistente dei flussi dei turisti italiani -29.29% arrivi e -16-61% presenze) rispetto a quello dei turisti stranieri -12.65% arrivi e -12.35% presenze).
Negli esercizi alberghieri si riscontrano nel complesso variazioni negative pari al -25.28% negli arrivi e -16.28% nelle presenze, determinate da un serio calo dei flussi dei turisti italiani (-30.19% arrivi e -18.25% presenze) a fronte di una diminuzione minore degli flussi dei turisti stranieri (-11.45% arrivi e -10.81% presenze).
Situazione simile negli esercizi extralberghieri dove si registra complessivamente un calo del -24.83% negli arrivi e -13.99% nelle presenze; diminuiscono in misura più consistente i flussi dei turisti italiani (-27.21% arrivi e -13.75% presenze), rispetto a quelli degli stranieri (-16.22% arrivi e 14.54% presenze).
Quanto alla distribuzione media dei turisti, il 61.5% ha preferito soggiornare in strutture alberghiere, mentre il 38.5% ha preferito alloggiare in strutture extralberghiere.
L'Indice di utilizzo medio delle diverse tipologie ricettive risulta, a livello regionale, pari al 14.1% -12.86% rispetto al 2016, il comparto alberghiero evidenzia un'occupazione media del 25.4% (-12.01%); mentre nell'extralberghiero si registra un'occupazione media dell'8.3% (-12.33%).
La permanenza media si attesta nel complesso sui 2,4 giorni (+13.01%); è di 2.1 giorni negli esercizi alberghieri (+12.05%) e di 3.2 giorni negli extralberghieri (14.42%)
Le principali correnti italiane nel periodo considerato sono Umbria (incrementata notevolmente dai terremotati alloggiati temporaneamente in strutture ricettive), Lazio, Lombardia, Campania, Toscana ed Emilia Romagna; le principali correnti straniere sono USA, Germania, Cina, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi.